
Gerusalemme. Tempio. Anno 740-739 a. C. Il sacerdote Isaia diventa il profeta Isaia. L’uomo del culto, dei sacrifici, della Legge sta per essere trasformato nell’uomo della missione, della Parola. Vedere Dio è esperienza che apre le porte. Che indica strade. Che mette in cammino. Missionario è colui che ha visto Dio. SOLO colui che ha visto Dio lo può e lo sa annunciare. A “fare” il missionario è il “mandato” (shalàch in ebraico): il mandato però non è il semplice incarico ricevuto dai superiori; il mandato nasce e matura dentro il dramma dell’incontro con Dio. C’è dunque un legame profondo fra l’esperienza mistica e la missione. Ma se la vocazione è il frutto di un faccia a faccia, di un vis a vis con il Signore, la missione è l’annuncio della bellezza di questo incontro. Di più: missione è diventare trasparenza di questo incontro. È diventare portatore di una bellezza che attira e affascina. Non pensate subito ai preti e alle suore, pensate a due innamorati: quando si guardano scoprono la bellezza. E la contemplano l’uno negli occhi dell’altra. E quando raccontano il loro amore sorridono. Profumano di felicità. Trasmettono gioia. Per questo mi chiedo: quando vedono me cosa respirano coloro che mi incontrano? Bellezza? Felicità? E prima ancora domando a me stesso: se la tua vocazione è nata dall’incontro con il Risorto, vive ancora oggi di quell’incontro? Sei ancora affascinato dalla bellezza di Dio? Tremi ancora davanti al suono della sua voce? Isaia “vede” Dio nel Tempio di Gerusalemme; le “mie” liturgie mi fanno vibrare, mi fanno percepire la presenza di Dio? Signore Gesù purificami come hai purificato Isaia. Donami lo stupore che fa sentire la tua presenza. Solo così potrò essere annunciatore della tua gioia.
Don Michele Mosa